Scalinata e piazzetta delle Colonne Romane

Nel 1928 l’Amministrazione Comunale si propose di sistemare la scalinata e la piazzetta delle Colonne Romane di Brindisi.
In quello stesso anno, venne dato incarico all’arch. S. Dioguardi di realizzare il progetto, che venne poi approvato l’anno successivo.

Scalinata del 1929

Sarebbero stati demoliti i vecchi fabbricati presenti e creata una nuova gradinata parallela a quella esistente, con archi rampanti, sfingi e ballatoio a ricordare il passato.
Le tre aperture sul fronte avrebbero lasciato intravedere la retrostante muratura romana.
Il progetto ebbe però parere negativo da parte del Consiglio Superiore per le Antichità e Belle Arti, che rilevava una profonda alterazione del contesto storico.

Prospetto dell’arch. S. Dioguardi del 1929, non realizzato (Brindisi 1927-1943 da Capoluogo a Capitale, da Archivio di Stato – Brindisi e Ordine degli architetti – Br p. 121)

Nel 1930 fu redatto un nuovo progetto (del costo finale di lire 490.000) a cura dell’Ufficio Tecnico Comunale, che prevedeva l’attuale sistemazione della scalinata e del Belvedere, con la palazzina che ospita oggi la Collezione Archeologica Faldetta.

Il complesso fu inaugurato nel 1931.
Durante l’esecuzione dei lavori, si tenne conto di una richiesta dell’Ispettorato dei Monumenti di lasciare visibile l’antica muratura romana su cui l’opera insisteva; si decise così di realizzare una struttura in cemento armato che avrebbe letteralmente incamiciato il muro romano che rivestiva il terrapieno su cui poggiano le Colonne, evitando così di danneggiare le storiche mura, rendendole disponibili per eventuali futuri interventi. Il tutto, però, sottraendole definitivamente alla vista di cittadini, turisti e studiosi.
Sulla muratura romana di sostegno del terrapieno, una breve sintesi dello storico brindisino G. Carito ci riporta le memorie di Nervegna e J. Chelotti sulla natura in “opus quadratum” che, nella Roma antica, consisteva nella sovrapposizione di blocchi squadrati in forma parallelepipeda e di altezza uniforme, messi in opera in filari omogenei con piani di appoggio continui. Lo stesso Carito, nel 1983, lamentava che “alla muraglia è sovrapposta una incamiciatura in cemento che rende impossibile ogni verifica.”
Le foto che pubblichiamo, grazie alla disponibilità della American Academy in Rome, Photographic Archive, sono inedite e sconosciute, ma hanno una grande importanza storica perchè attestano la veridicità di quanto a suo tempo affermato da Nervegna e Chelotti.
Le immagini rappresentano:
n. 1 foto di Detweiler, Albert Henry, 1906 – 1970, scattata nel 1930 durante i lavori per l’ampliamento della scalinata che verrà chiamata “virgiliana” in onore del sommo poeta latino.
n. 2 immagini della piazzetta prima della sistemazione, con il muro posteriore e vecchie case addossate al monumento- ambedue le foto di Van Deman, Esther Boise, 1862-1937 scattate nel 1909;
n. 1 cartolina del 1929 con la vecchia scalinata;
Prospetto dell’arch. S. Dioguardi del 1929, non realizzato.

G. Carito, Le mura di Brindisi : sintesi storica, in “Brundisii res”, 13 (1981), pp. 33-74.

“La possibilita di una linea avanzata di difesa, sul promontorio delle Colonne, è indicata da segnalazioni del Nervegna, (“Notizie Scavi” (1889), p. 347) e del Chelotti che inquadravano questi dati in contesti affatto differenti. Nervegna, nel 1889, proponeva l’identificazione di un accesso della città ritenendo peraltro romani anche i terrapieni che dalla proprietà Dionisi (poi sede ENAIP) andavano verso l’albergo delle Indie e il palazzo Perez: ““il sig. Dionisi facendo uno sterro nel giardino dietro la sua casa sulla marina, rimise in luce gli avanzi di un’antica porta, larga m 4,50. Scoprì pure circa m 0,50 dei piedritti sui quali è una cornice sporgente. Al di sopra della cornice comincia l’arco, il cui centro è mancante. Lo spessore dei piedritti e dei resti dell’arco e di m 0,95. Alla porta si congiunge un muraglione di opera quadrata decorato con nicchie, il quale prosegue verso sud nella proprietà De Marco, De Castri, Albergo delle Indie, Guadalupi”.
La notizia non ha avuto verifiche o interpretazioni successive tant’è che del manufatto si era persa memoria anche per gli equivoci topografici del testo che avevano indirizzato gli studiosi verso piazza Engelberto Dionisi. I terrapieni ora riscoperti, malgrado l’inesistenza di un qualunque provvedimento di tutela, non essendovi stata attività edilizia alcuna nella zona, sono tuttora integri. Essi corrono, per una lunghezza di circa cento metri, sul fianco del promontorio delle Colonne, definendo la differente quota di livello fra il piano di via Colonne e quello dei giardini e cortili che sono sul retro degli edifici che affacciano sul lungomare Regina Margherita. Attualmente, nulla è visibile dell’opus quadratum cui si riferì Nervegna; è possibile, a meno che non si debba credere a un abbaglio clamoroso di questo studioso, che fosse osservabile alla base ove ogni ricognizione è oggi resa difficoltosa dall’accumulo di terra di riporto e dalla rincamiciatura in cemento. Allo stato, perciò, i terrapieni appaiono databili all’età aragonese restando tuttavia aperto il problema della possibile impostazione in età romana se non, alla stregua di quanto si è osservato per il bastione di nord-est, precedente, ossia messapica. Resta l’urgenza di provvedimenti che rendano alla città la completa fruizione, nell’ambito dei piani di recupero che si vanno redigendo per il centro storico, del compendio. In prosecuzione di questi terrapieni, si colloca quanto segnalato da Jefferson Chelotti e da Luigi De Laurentis che, sotto l’attuale scalinata virgiliana, rilevarono tracce dell’antico impianto difensivo ove risultava peraltro evidente come i romani fossero intervenuti su preesistenti strutture messapiche; attualmente, alla muraglia è sovrapposta una incamiciatura in cemento che rende impossibile ogni verifica.
Questo tracciato, si accettino o meno le indicazioni di Nervegna e Chelotti, in accordo con le indicazioni offerte sull’area della Brundisium romana da Jurlaro, indica la città classica limitata alla collina di ponente; dovrà attendersi il tardo Medioevo, pur fra numerose soluzioni di continuità, per assistere, con l’addizione aragonese, alla parziale urbanizzazione del pianoro di levante.”

Tre foto storiche della piazzetta fornite dalla American Academy in Rome, Photographic Archive

n. 1 foto di Detweiler, Albert Henry (1906 – 1970) scattata nel 1930

n. 2 foto di Van Deman Esther Boise (1862-1937) scattate nel 1909

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